INTRODUZIONE
Sacerdote: La Via Crucis, quella di Cristo e la nostra, quella di coloro che hanno ascoltato l’invito: «Prendete la vostra croce e seguitemi», non è che una storia di mani, che denudano Cristo e lo inchiodano sul legno. Questa povera storia di povere mani, il Signore la vede, il Signore la sopporta. Anche noi vediamo queste mani e saremmo tentati di giudicare. Ma prima di giudicare pensiamoci. Ci sono dentro anche le nostre mani… mani che contano volentieri il denaro, mani che legano le mani degli umili, mani che inchiodano, mani che invano cercano di lavare le proprie viltà, mani che scrivono contro la verità, mani che trapassano i cuori. La morte del Signore è opera di queste mani, che continuano nei secoli l’agonia e la passione. Se ci fosse un’acqua per lavare le mie mani!
Per dimenticare le mie mani, ho bisogno di guardare altre mani, di sostituire le mie mani spietate con mani misericordiose. Vedo le mani della Madonna, di Maria Maddalena, di Giovanni, che dai piedi della croce si protendono verso il morente, benedicendo, implorando, perdonando. Vedo le mani del centurione, che si batte il petto: «Veramente costui è il Figlio di Dio».
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I STAZIONE Gesù è condannato a morte
Dal Vangelo di Luca (23,23)
Insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le grida crescevano. Pilato allora decise che lo loro richiesta fosse esaudita.
Riflessione: La Via Crucis incomincia col Cristo davanti al tribunale degli uomini; la prima stazione della nostra avventura incomincia con un giudizio su Dio. Il mio egoismo si atteggia a scrutatore dell’amore; il mio niente mette sotto giudizio l’Onnipotente! Il mio peccato è già consumato. Chi non crede nell’amore è già giudicato, «perché non ha creduto nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio. Vedete come l’arrestano. Nessun mandato di cattura: semplice operazione di polizia. Un branco di gente raccogliticcia: servi del sommo sacerdote, con Giuda per guida. Dove lo trovano? Nell’orto degli Ulivi, in ginocchio. Cristo accetta di vivere sotto la legge, ma sopravanza la legge. Ecco il suo torto. Egli è troppo onesto: pensa agli altri, viene per gli altri, lavora per gli altri, muore per tutti. Troppo! Si sopporta meglio un meno. A coloro che sono meno uomini, la legge spesso perdona: ma chi si fa Figlio di Dio non sarà perdonato.
INSIEME: Perdonaci, Signore. Adoriamo la tua benedetta e straziata umanità che ci riappare quaggiù in ogni povero. Aiutaci ad avere occhi limpidi e mani trasparenti, per riconoscerti nei tanti ‘crocifissi’ della storia.
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II STAZIONE Gesù è caricato della croce
Dal Vangelo di Matteo (27,31)
Egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio detto in ebraico Gòlgota.
Riflessione: «Se uno vuol venire dietro di me, prenda la sua croce e mi segua».
Pochi gli sono andati dietro: e quando la croce, da parola annunciata, diviene la Croce e il Maestro è catturato, condannato, caricato, crocifisso, allora anche il minuscolo gruppo dei rimasti si disperde ed egli rimane solo lungo la via del Calvario. Rimane solo proprio colui che saliva per tutti, portando la croce di tutti.
Il Venerdì Santo è lo sforzo di seguire il Signore, di fare con lui la rinuncia ai nostri diritti onde sopravanzare, nell’esercizio della carità, i nostri doveri. Dei suoi diritti di Figlio dell’uomo, egli non si valse come nessuno mai, né prima, né dopo. Egli è andato oltre ogni dovere, con una carità senza limiti. Dire la verità quando costa la vita è al di là del dovere. Scegliere di essere poveri alla maniera di Gesù è al di là del dovere. Fare del bene a chi ci fa del male è al di là del dovere. Amare chi ci odia è al di là del dovere.
INSIEME: Dare la vita a chi ci fa morire è al di là del dovere, al di là dell’uomo. E’ l’amore fatto uomo, di cui nessuno potrà misurare “la larghezza, la profondità, la sublimità”.
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III STAZIONE Gesù cade lo prima volta
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti (Isaia 53,4-5)
Riflessione: Non mi fa meraviglia che Gesù cada: mi fa meraviglia che un uomo, ridotto a quel modo, stia in piedi e riesca a trascinarsi dietro, per la salita al Calvario, il legno delle Croce. L’amore non ha misura, ma l’adorabile umanità del Salvatore porta nella sua carne la misura della nostra infermità. Se egli cade, è perché cedono le sue povere forze fiaccate dall’urto incessante e implacabile della nostra malvagità, la quale vi si accanisce contro senza ragione e senza utile.
Gesù così, disteso a terra, ne prende possesso. La terra, che riceve Gesù, mostra d’avere un cuore. Poiché mi sono rifiutato di farlo riposare sul mio cuore, la terra gli offre il suo. Ecco lo scandalo: lo scandalo dell’amore. L’amore non è amato. L’amore non è capito. L’amore è calpestato. La terra è fredda e fa paura. Eppure se il grano non marcisce… Nel calice che gli è stato presentato c’è dentro: “Il tuo amore non sarà ricambiato, il tuo amore non sarà capito; il tuo amore sarà rifiutato; il tuo amore sarà crocifisso”.
INSIEME: Il tuo amore, Signore, è crocifisso. Da chi? Da me, da tutti. Abbi pietà di noi.
IV STAZIONE Gesù incontra sua Madre
Dal Vangelo di Luca (2,34-35).
Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - anche e te una spada trafiggerà l’anima - affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».
Riflessione: Alla svolta della strada, appena Gesù leva gli occhi da terra, Maria è là. Gesù guarda la Madre. Chi muore cerca la mamma.
Cristo ama la Madre in ognuno di noi che dal suo sacrificio veniamo redenti e adottati come «figliuoli di Maria». Egli non toglie nulla alla Madre: le apre nel cuore una maternità universale, come il suo cuore s’è già aperto a una fraternità che tutti abbraccia. La Madre e la Croce non sono due beni separati o separabili: sono l’unico insostituibile manipolo della sua carità.
«Madre, ecco tuo figlio» ,«Giovanni, ecco tua madre».
L’epilogo del dramma viene consumato ai piedi della Croce, ma il suo momento più patetico è nell’incontro. La Madonna che segue Gesù fin sul Calvario e sta ai piedi della Croce è il folgorante esempio d’una nuova umanità. La maternità divina della Vergine è un mistero di gioia: la sua maternità umana è un mistero di dolore. La Madonna dona con cuore così largo e generoso, che al posto del Figlio accoglie Giuda, Pietro, il cattivo ladrone, i farisei, i crocifissori, me…
INSIEME: O Maria, tu sai che è per la salvezza del mondo questo strazio. Insegnaci a portare con amore e per amore di Cristo tuo Figlio anche le nostre sofferenze. Per la salvezza del mondo.
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V STAZIONE
Gesù è aiutato da Simone di Cirene a portare la croce
Dal vangelo di Marco (15,21-22)
Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo, a portare la croce.
Riflessione: Gli stessi carnefici si avvedono che Gesù non può continuare.
Bisogna aiutare Gesù, bisogna aiutare il povero. Qualcuno gli vada incontro. A chi tocca? «A me», risponde la coscienza cristiana, che si sente responsabile di tutto e di tutti. «Agli altri» risponde l’eterno Caino, che sonnecchia in ognuno di noi. La carità ci compromette contro il nostro mondo e contro noi stessi in maniera paurosa. Senza una carità folle, chi potrà salvare il mondo? L’amore non conosce barriere o riguardi di persone, non esclude nessuno dall’amore. Il Cristo che soffre ha tali connotati che nessun pregiudizio li può contraffare.
Bisogna fare ponti sull’uomo. Si deve passare con la carità, che fa vivere tutti e costruire la famiglia, la patria, la Chiesa.
Chi non ama non ha famiglia, non ha patria, non ha Chiesa…
E non ha gioia, perché la gioia è il riflesso del bene goduto da chi abbiamo saputo accogliere nel nostro cuore.
INSIEME: L’uomo non è soltanto un redento. Tu, o Cristo, l’hai voluto corredentore. Aiutaci a prenderci cura di Te nel prossimo, riparando con l’amore il male.
VI STAZIONE La Veronica asciuga il volto di Gesù
La tradizione racconta che tra la folla si fa strada una donna, Veronica, non ha paura e compie un gesto di pietà e di amore…asciuga il volto insanguinato di Gesù.
Riflessione: Nella travolgente brutalità di certe ore, pare quasi che tutto si smarrisca; eppure, basta un po’ d’azzurro, dietro il cupo lampeggiare dell’uragano, per tenere viva la speranza. Tutto dipende dall’amore. Il demonio ha un cuore di pietra. Gesù ha toccato il cuore della Veronica, che diventa una fonte d’acqua che sgorga dalla vita eterna.
La donna perduta, in casa di Simone, si purifica rompendo l’alabastro ai piedi di Cristo; la Veronica si purifica presentando un lino per il suo volto benedetto e sfigurato. Ambedue sono pronte al richiamo di Colui che passa. Se chiudiamo il cuore al povero che passa, non avremo sull’anima la ricompensa incancellabile della carità. Se invece è rimasto in noi un lembo incontaminato di anima, corriamo incontro a Cristo che passa portando la Croce delle nostre colpe e asciughiamogli il volto benedetto. Forse, dinanzi all’immagine dolorosa di Lui, impressa nella parte più pura della nostra anima, qualcuno dei fratelli che lo bestemmia riconoscerà il Signore, e percuotendosi il petto, insieme a noi benedirà il Suo santo nome.
INSIEME: Tutto, tutto l’amore sia per Te, o nostro Redentore.
Aiutaci ad amare in Te e solo per Te chi ci ama, chi ci odia, chi ci combatte.
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VII STAZIONE Gesù cade per lo seconda volta
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. (Isaia 53,6-10)
Riflessione: All’indifferenza delle stelle ci si abitua, ma come sopportare l’indifferenza dei cristiani? Dio non ha mani perché vuole che io gli impresti le mie, non ha piedi perché vuol camminare con i miei verso la casa del povero, non ha labbra perché vuole le mie parole e i miei baci per chi soffre e chi muore. «Dall’amore che vi porterete gli uni gli altri, riconosceranno che siete miei discepoli…». E’ un comando di Gesù, un diritto elementare del cristiano. Se non amo, impedisco al povero di vedere Dio. Il cielo si chiude quando gli uomini sono cattivi. In terra cristiana quando i cristiani non hanno cuore è molto difficile vedere Dio. L’uomo che manca all’uomo è ingiusto; il cristiano che manca al cristiano è sacrilego. Mi sei vicino davvero, Signore. Sei legato alla mia povertà. Eccomi inserito nella tua umanità che ascende perché tu ti sei immedesimato nella mia umanità che discende. Mi hai preso dal basso, dal più basso di me stesso, ove nessuno mi raggiunge.
INSIEME: Mi sei vicino davvero, Signore. Soffri come me, soffri con me. Se capisco questo, potrò anche capire, ai piedi della Croce, che soffri per me.
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VIII STAZIONE Gesù incontra le donne di Gerusalemme
Dal Vangelo di Luca
Erano in molti a seguire Gesù: una gran folla di popolo e un gruppo di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Gesù si voltò verso di loro e disse: “Donne di Gerusalemme non piangete per me. Piangete piuttosto per voi e per i vostri figli”.
Riflessione: I poveri sono rimasti fedeli a Cristo e glielo hanno testimoniato come hanno potuto. Non possono togliergli la Croce, ma lo seguono da lontano. Accanto a Gesù c’è il pianto delle donne che, senza difenderlo davanti agli uomini, riempiono la Sua solitudine di condannato e ne cancellano l’obbrobrio. Gesù parla alle donne che piangono, mentre s’accontenta di guardare la faccia chiusa dei suoi uomini. Gesù le chiama: «Figlie di Sion.». Come i profeti: «Rallegrati, figlia di Sion; non piangere, figlia di Sion». Sono le figlie del Suo popolo, della Sua terra, del Suo Padre. Gesù vede la donna nella luce più bella. Nessuna donna dev'essere posta in tentazione di dire: «Beate le sterili ...». Guai a chi avvilisce la maternità! Oggi il legno verde, domani il legno secco. Il povero è trattato come il legno secco. Cristo non taglia da sé il legno secco: lo inserisce nel legno della sua Croce. Chi ha fede in Lui, fosse pure l'ultimo, diviene capace di portare sulle sue spalle tutto il dolore del mondo.
INSIEME: Signore, ti affidiamo tutte le donne e le mamme, perché, in Te, donino sempre la vita e la speranza.
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IX STAZIONE Gesù cade la terza volta.
Dal libro del profeta Isaia
Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha consegnato se stesso alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i peccatori.
Riflessione: Abbiamo imparato a valutare il carico massimo di una nave, la portata di un ponte e del cemento armato, il carico di un cammello e di un cavallo, ma non ci curiamo di sapere fin dove reggono le spalle dei fratelli! Guardo come Gesù riesce a camminare sotto il peso della Croce. Ogni passo lascia un rigo di sangue. La flagellazione ne ha divorato le carni delicatissime e ora quel peso è come un torchio. Una, due, tre volte… eccolo a terra, sotto la Croce.
Gli altri condannati che viaggiavano con lui, portando i loro legni, erano due ladri di strada. Ai crocicchi, «qualche donna piangeva e metteva lamenti. Una, sfidando quanti gli facevano oltraggio, gli s’appressò e gli asciugò il volto.
Camminando con Lui e incontrandosi con lo sguardo alle svolte del ripido sentiero, saliva la Madre. E salivano verso il Calvario, senza uno sguardo, senza una carezza, senza una benedizione. Se «il nostro peso è il nostro amore», la tua Croce è imponderabile e incommensurabile come la tua carità.
Chi dunque ne potrà misurare l’altezza, la profondità, la larghezza?
INSIEME: Signore Gesù, sei a terra, perché non c’è limite al tuo portare. Insegnaci a non misurare i nostri passi, a non contare le ‘cadute’, purché tutto sia amore.
X STAZIONE Gesù è spogliato delle sue vesti
Dal vangelo di Giovanni
I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù presero le sue vesti e ne fecero quattro parti una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cucitura, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo. Perciò dissero tra loro: “Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca”. Così si adempiva la Scrittura: “Si sono divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte”.
Riflessione: Rinuncia a scolparsi, lui, l’innocente.
Rinuncia a difendersi, lui, l’Onnipotente.
Rinuncia alla rappresaglia, lui, il Terribile.
Rinuncia a essere compatito, lui, il Pietoso.
Rinuncia a morire in pace, lui, il Pacifico.
Rinuncia alla vita, lui, il Vivente. Rinuncia al vestito, lui, che veste i gigli del campo e ogni erba del prato.
Cristo spogliato è il Povero, l’uomo senza diritti.
Chi veste gli altri è spogliato, come è nudo chi veste i gigli del campo. Ma la somiglianza non cancella l’ingiustizia: per questo mi sentirò dire nel giorno della Verità: «Io ero nudo e tu non mi hai vestito». Tu, sulla croce, sei nudo, sei l’Uomo; noi siamo obbligati a portare la maschera dell’uomo forte, dell’uomo grande… fin sulla Croce.
INSIEME: Signore, toglici questa maschera: lascia che ci mostriamo come siamo, così da avere almeno pietà gli uni degli altri. Tu ci hai detto di amarci come tu ci ami. Forse quel giorno è ancora lontano, troppo lontano.
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XI STAZIONE Gesù è crocifisso
Dal Vangelo secondo Marco
Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa «Luogo del cranio», e gli davano vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua condanna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra.
Riflessione: I Suoi piedi hanno camminato per il Vangelo; le Sue mani hanno guarito, assolto, rialzato, lavorato: mani che «hanno fatto bene ogni cosa», come quelle del Padre… Credevano, inchiodandogli mani e piedi, di aver reso impotente l’Onnipotente! Gli uomini credono di poter fermare Dio, spegnere lo Spirito, fermare la verità. Dio solo è la Roccia. Gesù ha le mani e i piedi crocifissi, ma libero il cuore, libera la testa. Costa l’amare, ma si può amare; costa il pensiero libero, ma è ancora possibile in uno sforzo supremo. Il cuore glielo lacereranno più tardi; la testa gliel’hanno già coronata di spine, ma quello che di più suo e di più sacro ha l’uomo, la personalità, che è fatta di pensiero e di sentimento, nessuno ha osato toccargliela.
C’è un solo punto fermo quaggiù per l’uomo: la Croce.
Bisogna però avere la forza di lasciarsi inchiodare sulla Croce; se no, si muove come un capestro, il capestro di Giuda.
Mentre tutti portiamo la croce, pochi sono sicuri della Croce, non avendo voluto farsi inchiodare su di essa. Siamo dei condannati più che dei crocifissi. «Inchiodato sulla croce, non temere! »
INSIEME: Gesù, sei il dolore che fu, che è ora, che sarà nei se coli. Sei l’Uomo del dolore, il Crocifisso di ogni ora. Io ti adoro.
Del tuo Figlio qui trafitto, per scontare il mio delitto, condivido ogni dolor.
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XII STAZIONE Gesù muore in croce
Dal Vangelo secondo Marco
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sabactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vediamo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
Riflessione: E’ la prova più difficile per noi. Ci hai chiamati alla vita, ad essere sposi, figli, compartecipi di quell’amore che è riflesso del tuo, che dura da sempre ed è per sempre. Perché dunque la croce? Perché quel corpo martoriato, coperto di sangue? Perché quel capo chino, schiacciato dalla corona di spine? Perché la morte, che lascia un vuoto incolmabile e impedisce di sentirci ancora parte di un progetto di vita? Tu Signore, cambi il profilo tragico e tenebroso della morte e ci proietti in una dimensione che fa balzare davanti ai nostri occhi il volto illuminato dalla luce della Pasqua. All’alba del mattino pasquale il velo si squarcia e si intuisce l’altro viso della morte immerso nella luminosità divina. Ci insegni così ad estirpare i chiodi della sofferenza con quella speranza che è fonte di vita e a vedere la luce dell’alba in fondo alla notte più buia.
INSIEME: Mai, come nell’ora della sua morte, l’ora più importante nella storia dell’umanità, Gesù ci è stato più vicino. Come uno di noi, nel momento della fine, Gesù è nell’impotenza, preda dell’angoscia. Si muore soli. I chiodi trafiggono la sua carne, ma soprattutto il suo spirito. Forse il Padre lo ha abbandonato? Soffre per lo strazio di sua Madre, scelta per dare la vita a un Figlio che vedrà morire. Eppure Gesù, nell’amore e nell’obbedienza, accetta il progetto del Padre. Sa che senza il dono della sua vita la nostra morte sarebbe priva di speranza; le tenebre della disperazione non diventerebbero luce; il dolore non sfocerebbe nella consolazione, nella speranza dell’eternità.
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XIII STAZIONE Gesù è deposto dalla croce
Dal Vangelo di Marco
Venuta ormai la sera, poiché era la Parasceve, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe di Arimatea, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio andò da Pilato e chiede il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.
Riflessione: Vedo sangue dappertutto, oggi: il tuo, Signore, che è «riscatto e bevanda», il sangue di tante tue creature, dal «giusto Abele» sino all’«ultimo» che non è mai l’ultimo, avendo l’uomo imparato prima di ogni altra l’arte di uccidere il fratello. Una statistica vuole che ogni quindici secondi ci sia un uomo che cade per colpa nostra. Ma la salvezza non è nel sangue: nel sangue c’è la «preziosità» di Colui che si offre, ma è l’amore che fa «il prezzo del sangue» e che salva. L’«amore più grande» è «nel sangue di Cristo, che è sparso per noi». Fratello, vedi quel Suo cuore che esce fuori dal costato? Non è più Suo neanche il cuore. Ma muore per me, muore per te: muore per insegnare agli uomini che non è più concesso di far morire, che è venuta l’ora di non far morire più nessuno, di mobilitare la pietà.
INSIEME: «Io vi do la mia pace»: e ha le braccia spalancate e il segno dei chiodi. Nessuno è fuori dall’amore inchio dato sul legno. Signore, fa che io non escluda nessuno dal Tuo, dal mio cuore.
XIV STAZIONE Gesù è deposto nel sepolcro
Dal Vangelo di Marco
Giuseppe di Arimatea, comprato un lenzuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro.
Riflessione: A differenza degli uomini che la storia chiama grandi, Cristo non ha preso con sé nulla. Giuseppe d’Arimatea gli presterà il lenzuolo della sepoltura: ma, sulla Croce, il Figlio dell’Uomo, nell’estrema nudità dell’offerta, può ben dire «Tutto ho dato!». Accetta la stalla, il fiato degli animali, la greppia, il canto degli angeli, i poveri doni dei pastori, i ricchi doni dei magi, l’esilio in Egitto, il nascondimento fino a trent’anni a Nazaret. Accetta le premure di Marta, i silenzi estasiati della Maddalena, il profumo, le lacrime e i baci della peccatrice, il gesto audace della Veronica, il pianto delle donne lungo il Calvario. Accetta l’Osanna e il Crucifige, il bacio di Giuda, gli sputi, gli schiaffi, le battiture, la corona di spine, lo straccio di porpora. Accetta la condanna, la croce, le cadute, la spogliazione, i chiodi... e avrebbe accettato anche gli aromi portati dalle donne il lunedì di Pasqua, se la Vita trionfante non li avesse resi un omaggio tardivo.
INSIEME: Signore, sono io che ti faccio morire, eppure oso guardarti.
Pietro ti guarda e si salva. Il buon ladrone ti guarda e si salva.
Il centurione ti guarda e si salva.
I farisei non hanno guardato…
Giuda ti ha baciato senza guardarti…Io ti faccio morire, ma ti guardo!
Voglio che Tu mi apra la piaga del Tuo cuore perché mi nasconda dentro: che i tuoi angeli dischiodino le tue braccia perché esse mi sollevino sopra la mia polvere di peccato: che essi distacchino i tuoi piedi benedetti perché mi conducano lontano da questo mondo che non vuole credere al tuo amore.
L'AMORE PIU' GRANDE
Testi di don Primo Mazzolari